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martedì 30 marzo 2010

Carlo Mazzone ai microfoni di RomaCaffè


Il mister Carlo Mazzone è intervenuto questa mattina ai microfoni di RomaCaffè, trasmissione radiofonica in onda sulle frequenze di Radio Power Station.

Mister, per cominciare, un commento alla partitissima di sabato vinta dalla Roma.
«Prima di tutto è stata una bellissima partita, giocata a viso aperto da entrambe le squadre. E’ stato un piacere vederla. Se vogliamo essere sinceri, forse un pareggio era il risultato più giusto, ma visto quante volte alla Roma certe situazioni sono andate contro, sono state negative, è giusto che abbia vinto. Anzi, è meglio così, siamo tutti contenti»

A Roma nessuno si nasconde più: si parla apertamente di scudetto. Lei che idea si è fatto sulle possibilità di vincere il titolo?
«Noi romani abbiamo sempre avuto un problema di costituzione: ci abbattiamo troppo facilmente, e ci esaltiamo eccessivamente. Ora siamo ad un punto dalla vetta, viviamo questa nuova situazione di classifica con impegno e serenità. Ci tengo a mandare un messaggio: voliamo bassi, ma concentrati. Insomma, testa bassa e pedalare! Dobbiamo vivere alla giornata, senza fare troppi calcoli, che sono logoranti per tutti anche per la squadra. Facciamo i sornioni, e continuiamo a bluffare con la storia che siamo già contenti di come sono andate le cose. E intanto...prepariamo l’agguato! ».

Mister una cosa volevamo chiederle: cosa ricorda di quel pazzo pareggio a Brescia contro l’Atalanta?
«C’era stata nei miei confronti qualcosa di brutto. I tifosi dell’Atalanta colpivano con gli insulti mia madre e Roma. Non solo due cose che non c’entravano nulla, ma che da sempre mi sono nel cuore. Sò andato fuori di testa...Poi c'è chi quel gesto l'ha gradito, e chi non l'ha gradito. Io sono tra quelli che l'hanno gradito».

Proprio a Brescia lei ha avuto l’occasione di allenare Roberto Baggio. E prima ancora aveva allenato Francesco Totti. Si sente un privilegiato?
«Ho avuto la fortuna di allenare i due più forti calciatori italiani, e questo nessuno potrà mai togliermelo. Nella fortuna, la “sfiga” di avere avuto Roberto a fine carriera e con qualche problemino al ginocchio, anche se sapeva essere sempre decisivo. E Francesco era “regazzino regazzino”. Ma ringrazierò sempre per averli conosciuti ed allenati. Oggi li seguo come fossero miei figli, è un legame extracalcistico, è un legame sul piano umano».

Francesco ha sempre parole di stima nei suoi riguardi. Come si gestisce un talento così immaturo?
«Avevo delle sensazioni forti sul suo valore. C’era un conflitto tra il “Carlo uomo” e il “Carlo allenatore”. Uno mi diceva “Ahò, non è che te sbagli?” e l’altro gli rispondeva “Ma che te sbagli, non vedi che ha dribbling, destro e sinistro, tiro, corsa”. Alla fine nessuno dei due si è sbagliato per fortuna».

Oggi nella Roma c’è un altro talento ancora acerbo, è Jeremy Menez. Lei che idea si è fatto del giocatore?
«Menez è bravo davvero, ma è sempre “incazzato”. Gli riconosco un grande valore tecnico, ma deve superare il suo essere introverso. Deve sorridere, ha davanti una bella carriera. Io voglio mandargli un messaggio: noi ti vogliamo bene, anche perchè indossi una maglietta che per noi è importantissima nella nostra vita. Onorala sorridente e felice. Fai un bel gol dribblando due-tre uomini, e poi corri sotto la curva!»

Parlando di allenatori, chi secondo lei oggi è il migliore?
«Non voglio fare una classifica. Nel calcio europeo in assoluto il migliore è Lippi. Ma in generale, non è arroganza, gli allenatori italiani sono i migliori: non è un caso che le grandi squadre europee vengano a pescare sempre dalle nostre panchine. Gli allenatori stranieri valorizzano l’aspetto tecnico del giocatore, noi al giocatore sappiamo allenare la tecnica, la tattica, la fisicità. Coverciano è una scuola vincete e sempre attuale».

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