CHIAMA IN DIRETTA ALLO 06 36 00 40 73 OPPURE INVIA UN SMS AL 338 88 444 10

martedì 23 marzo 2010

ACEA prossima alla privatizzazione

Il Consiglio Comunale approva un piano di privatizzazione, in coerenza con il Decreto Ronchi. Forti le proteste dei cittadini: “l’acqua deve rimanere un bene pubblico”









Sembra essere molto complesso il futuro dell’ACEA S.p.A. (Azienda Comunale Energia e Ambiente), il più grande operatore idrico nazionale, che copre le regioni di Lazio, Toscana, Umbria e Campania.

Lo scorso 11 febbraio, il consiglio comunale di Roma, si è pronunciato favorevolmente sulla privatizzazione, nei prossimi anni, del colosso dell’acqua.

“Bisogna porre in essere tutte le azioni necessarie per delineare un percorso di cessione delle quote azionarie di ACEA in eccesso rispetto ai limiti indicati dalla legge”.

Queste le parole della mozione votata al Campidoglio, in una giornata controversa, vista la folta presenza di manifestanti subito fuori l’aula, al grido di “l’acqua è un bene pubblico”.

Per comprendere questa scelta, bisogna però fare un piccolo salto indietro, allo scorso autunno. Nei prossimi anni, conseguenza dell’approvazione del “decreto Ronchi”, legge 166/2009, le società quotate, a maggioranza pubblica, dovranno portare questa partecipazione statale al 40%, entro il 2013, e sotto il 30% entro il 2015.

Al 2010, il gruppo ACEA, è così composto:

* 51% Comune di Roma
* 30,074% Mercato azionario
* 9,981% GDF Suez S.A. (una azienda energetica francese)
* 8,945% Caltagirone Francesco Gaetano

Il gruppo perderebbe, così, la sua quota riservata al Comune di Roma, a favore di privati (italiani o esteri), che acquisirebbero il monopolio della gestione idrica. Questo processo, oltretutto, non vedrebbe alcuna istituzione di bandi di gara, bensì si risolverebbe con procedure private di acquisizione.

Una mossa, quella della privatizzazione, che ha sollevato un polverone di critiche. Una su tutte quella della privatizzazione dell’acqua pubblica. Concedendo a dei privati il monopolio della gestione idrica su Roma, naturale sarebbe, nei prossimi anni, un innalzamento dei prezzi, con conseguenze quanto meno discutibili, moralmente ed economicamente.

Appare così una soluzione quanto meno semplice e di breve periodo quella della privatizzazione del colosso idrico, vista la continua discesa del prezzo delle azioni della società (nel 2008 il prezzo per azione si aggirava attorno ai 14 euro, contro i 7,4 del 2010) e degli utili, che in poco più di un anno hanno visto una riduzione di circa il 30% (dai 3144 milioni di euro a poco più di 2100 euro). La vendita della società gli scorsi anni, avrebbe portato un vantaggio decisamente più elevato per le casse del Comune.

A tale ragione, nessuna valutazione di piano industriale è stata effettivamente studiato, piuttosto si è presa la palla al balzo, sfruttando le possibilità offerte dal decreto Ronchi, non per una liberalizzazione del settore, piuttosto per una apertura a nuovi privati, anche in un campo ed un settore, quello dell’acqua, di sussistenza e fondamentale per le famiglie.


Nessun commento:

Posta un commento