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giovedì 3 giugno 2010

RICORDANDO IL CALCIO DI UNA VOLTA: "Miserie e delusioni del grande nobile decaduto"


di Nicolo' Ballarin

Rumore, tanto rumore quello che riecheggiava negli stadi; suoni di tamburi, di grida, di voci, di petardi che esplodono, di battiti di mani, di urla di gioie e di dolori. Cori, canti, inni, insulti, saluti ai giocatori ma pur sempre rumore, e questo rumore era sempre lì, tutte le domeniche, tutte le domeniche che si varcava quel cancello, lui era lì a far sentire tutto il suo maestoso frastuono. La voce del corista, attraverso il megafono, scandiva le parole rivolte a tutta la curva, accompagnata dall' imponente rumore rullante dei tamburi; colorati fumogeni ed enormi bandiere condivano ogni partita, regalando spettacolari e secolari coreografie.

Rumore, rumore, rumore...e poi ancora rumore, tanto rumore....Assordante e caotico pensavano in molti, unico e caloroso riflettevano gli altri, fastidioso e inutile per alcuni, vitale e spregiudicato per molti.

Una domenica allo stadio era qualcosa di speciale, era il giorno migliore della settimana, il fatidico ultimo giorno della settimana tanto atteso e finalmente arrivato. Si giocava di domenica, tutte le gare erano alle stesso orario, non faceva distinzione se 14.30 o 15.00, l' importante e il bello era che il fischio d' inizio fosse uguale per tutti; non c' erano nè posticipi nè anticipi, non c' erano turni infrasettimanali e stupide amichevoli dettate dagli sponsor. C' erano sedici formazioni pronte a darsi battaglia domenica dopo domenica, composte da pochi stranieri e tanti e promettenti calciatori italiani (quei pochi stranieri che calpestavano il manto erboso erano quasi tutti fenomeni...). C' erano le famiglie negli stadi, i bambini, i più anziani ma soprattutto c' erano le curve là: composte dai loro fermi e fieri sostenitori, la parte calda e coloroita del tifo, lì c' erano gli ultras.

Gruppi di tifosi armati di sciarpetta e bandiretta, di tamburi e fumoni, ma soprattutto guidati spiritualmente da una fede che nemmeno tanti chilometri poteva fermare e che non trova confini in tutto il globo. Tanta gente mescolata in un unico settore: nessuna distinzione di censo o di cultura, tante persone legate tra loro dalla fede calcistica per quei colori e che spinge, nel bene e nel male, a seguire quegli ideali per tutto il corso della propria vita.

Non c' erano le pay-tv, non c' erano mille telecamere e le partite si seguivano per radio a "Tutto il calcio minuto per minuto", e le sintesi si potevano ammirare tramite la potente antenna della Rai e grazie alla sua gloriosa redazione sportiva. Non era il calcio dei procuratori padroni, nè dei giocatori belli, ricchi e "piagnoni", ma un giuoco calcio dove il pallone si chiamava sfera di cuoio e le contrazioni di muscoli e tendini erano l' unico motivo di commento ed opinione nel dopogara dagli addetti ai lavori.

Gli ultras nel frattempo colorivano e arricchivano con le loro spettacolari coreografie, fatte da fumogeni multifumo e torce rosso fuoco, le partite degli atleti in campo: si giocavano partite vere, non contraffatte da doping o episodi di calcioscommesse sempre più frequenti negli ultimi vent' anni. I gruppi più caldi inneggiavano le gesta dei loro campioni con cori e grida di ogn tipo; la propria squadra va sostenuta fino alla fine dicono in molti e questo più che un motto diventa un comandamento.

Oggi è tutta un' altra storia...

Quello che finora è stato descritto come un mondo di rumore e di clamore sì, ma comunque di allegria, di tifoseria vera e di rispetto verso questo sport si è trasformato in uno spettacolo spesso indecoroso, in una violenza che coinvolge indiscriminatamente anche chi vorrebbe restarne fuori, che spinge molti padri a non portare più allo stadio i propri bambini perchè ogni partita potrebbe trasformarsi in una trincea.

Ma è pur vero che a volte quello che in tv fanno apparire come una guerriglia è forse solo una scaramuccia, che le cariche della polizia sono solo degli spostamenti delle forze dell' ordine, che le risse sugli spalti sono spesso frutto dell' immaginario di una nuova classe giornalistica che più che all' informazione mira al clamore.

Il calcio moderno è tutto questo: è parziale informazione, è doping, è danaro, troppo danaro che circola, è politica, è strumento degli sponsor e della pubblicità, è motivo di lucro per tutti quelli che ne tengono le fila.

Colpo finale a questo calcio cosi malandato è la famigerata "Tessera del tifoso": le autorità hanno adottato questo strumento per mettere alle corde i tifosi, per fare di tutta un' erba un fascio, colpendone cento per punirne uno. L' ultima coltellata alle spalle da parte di un Governo che più che tutelare e aiutare i propri cittadini compie atti di soppruso e di violazione dei diritti, come nel caso della direttiva sulla tessera del tifoso, imposta dal Ministero degli Interni.

Il tifo deve essere un libero diritto del cittadino, non deve essere schedato, non deve essere fidelizzato a niente e a nessuno, deve essere come era una volta, caldo e passionale, vivo e spregiudicato senza limitazioni, nel rispetto però, delle pur vigenti conformità di ordine e sicurezza impartite dalle istituzioni.

Non c' era tutto questo una volta, erano altri i valori, erano altri gli ideali e la gente non era fidelizzata, (a proposito di legami), alla società moderna sempre più marcia e sempre più incline a un cammino senza più possibilità di ritorno...

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