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sabato 6 agosto 2011

Trionfo Milan a Pechino: 2-1 in rimonta sull'Inter


di Jacopo Fontanelli

Al Bird's Nest di Pechino il primo trofeo della stagione se lo aggiudica la squadra di Allegri, capace in nove minuti di capovolgere l'esito di una partita che fino a quel momento era in pieno controllo da parte dell'Inter.
E' un derby in terra straniera che non manca di trascinarsi le solite polemiche e tensioni tipicamente italiane; un derby dal sapore particolare, giocato in un campo neutro dove i tifosi cinesi si sono equamente divisi nel supportare le due squadre. C'è agonismo, c'è tensione, ma manca la cornice più classica di questa partita: quelle spire di San Siro che ti costringono a girare attorno al campo in una danza d'amore per meritarti la vista del prato verde.

La partita parte lenta, con l'Inter a farla da padrone in un primo tempo avaro di emozioni e di occasioni da gol. Gli animi si accendono al minuto 22', quando Rizzoli risparmia a Gattuso un giallo che gli sarebbe costato l'espulsione. Decisione al limite, comprensibile non rovinare lo spettacolo di una finale per un doppio cartellino nel giro di cinque minuti, ma rosso che a norma di regolamento ci poteva stare. E' proprio da quella punizione che il partente (?) Sneijder porta in vantaggio gli uomini di Gasperini, che dop sembrano per lunghi tratti l'unica squadra in campo, chiudendo il primo tempo con un possesso palla che sfiora il 60%.

Al rientro dagli spogliatoi ci si attende la reazione del Milan. Gli uomini di Allegri, da grande squadra quale sono, mettono in campo una forza agonista che travolge il fortino interista, complice anche un poco comprensibile passaggio alla difesa a quattro, dopo che il trio Chivu-Samuel-Ranocchia aveva fatto tanto bene nella prima parte del match.
L'inter appare smarrita dal cambio di modulo e Ibra la punisce coronando un bellissimo assist di Seedorf: è il gol dell'1-1 che dà nuova linfa ai rossoneri. Azione forse viziata da un fallo di Boateng su Stankovic che genera fortissime proteste neroazzure che portano all'ammonizione di Sneijder. Entra Pato ed esce lo spento Robinho e dopo cinque minuti, al minuto 69', Boateng ribadisce in rete con un tap-in un tiro pato deviato sul palo da Julio Cesar.

L'Inter esce dal campo con venti minuti di anticipo non producendo nessuna occasione per il pareggio, a nulla sono serviti gli ingressi, tardivi, di Pazzini e Castaignos. Il Milan ricomincia da dove aveva finito, alzando un trofeo che ha meritato di vincere. Per l'Inter la strada sembra ancora in salita; non solo ha dimostrato di essere inferiore alla squadra di Allegri, ma deve anche risolvere le solite grane e polemiche interne. Prima fra tutti fra chiarezza sulle possibili partenze di Eto'o e Sneijder.

domenica 29 maggio 2011

E' DELL'INTER L'ULTIMO TROFEO DELL'ANNO


di Jacopo Fontanelli

La stagione si conclude così come era iniziata: con l'Inter che solleva un trofeo. Era stato un 3-1 con la Roma ad agosto a consegnarle il primo trofeo della stagione, ed è stato un 3-1 sul Palermo a regalarle l'ultimo. La settima Coppa Italia porta la firma di un immenso Eto'o, come se questa fosse una novità; con la doppietta segnata ai rosanero il camerunese batte il suo record personale di 36 gol in una sola stagione, arrivando ad un passo da un mostro sacro come Angelillo.

E' la Coppa Italia che festeggia i 150 anni dell'unità d'Italia, ed è una finale che unisce tutta la penisola come non si vedeva da tempo. C'è il nord rappresentato dalla squadra di Leonardo; c'è il meraviglioso calore del sud espresso magnificamente dai 35mila tifosi palermitani; e c'è il centro a fare da arbitro fornendo lo stadio e lo spazio ideale per una partita vibrante e mai noiosa. Non ci sarà stato lo stesso numero di spettatori della finale di champions, ma lo spettacolo, in campo e sugli spalti, è stato lo stesso se non addirittura maggiore. Uno stadio colorato per larghi tratti di rosa, e delle coreografie splendide di entrambe le tifoserie hanno fatto da cornice ad una partita vibrante, ricca di emozioni e viva fino al triplice fischio dell'arbitro Morganti.

Il Palermo parte forte, con una grinta alternata a giocate di classe che riuscirà a mantenere costanti per quasi tutta la durata del match. Prima Hernandez e poi Pastore hanno sui piedi la palla del vantaggio; ma con le grandi squadre, quelle esperte, quelle abituate a vincere anche giocando male, se non segni prima o poi vieni punito. E' il minuto '26 quando Eto'o perfettamente imbeccato da Sneijder supera con un tocco freddo sul palo lontano l'incolpevole Sirigu. La reazione del Palermo è confusionaria ma veemente e porta al tiro ancora Pastore e poi Balzaretti, e Julio Cesar dovrà fare un miracolo su un goffo tentativo di autogol di Chivu. Si va all'intervallo con il risultato di 1-0.

Nel secondo tempo entra Miccoli (ultima per lui con i colori rosanero) per Acquah e la spinta offensiva dei ragazzi di Rossi si fa sempre più pericolosa. Ancora Julio Cesar è chiamato a sventare un colpo di testa angolatissimo dello stesso Miccoli e ad uscire sui piedi di un Hernandez ancora una volta lanciato deliziosamente a rete da Pastore. Quando il pareggio sembra nell'aria, con un contropiede improvviso ancora Eto'o raddoppia con un destro preciso e angolato. In due minuti tra l'85 e l'86, Munoz si rende protagonista della finale. Prima segna su angolo il 2-1 che potrebbe riaprire le speranze per i suoi compagni, e poi si fa espellere fermando Mariga lanciato a rete. Per la verità l'espulsione sembra essere molto dubbia, ma l'arbitro è irreversibile e lascia in 10 i rosanero proprio quando erano chiamati a dare il tutto per tutto. Al minuto '91 il gol di Milito serve solo per restituire il sorriso ad un giocatore che dopo aver deciso ogni competizione l'anno scorso, quest'anno è stato colpito da una maledizione che tra infortuni e gol sbagliati lo ha relegato a quarta scelta per l'attacco neroazzurro.

Si conclude così la stagione italiana, la stagione che ha visto il ritorno di Ibra in Italia, quella che ha visto un immenso Totti superare una leggenda come Baggio, quella che ha visto la triste retrocessione della Sampdoria, quella del sogno del Napoli, quella del miracolo Udinese, quella post mondiale, quella della ricostruzione e quella che ci ha fatto perdere ufficialmente il quarto posto utile per andare in Champions. E' stata comunque una stagione interessante e mai banale, avvincente e stimolante e speriamo che la prossima possa essere ancora migliore.

martedì 5 aprile 2011

SHALKE 05: UMILIAZIONE INTER




di Jacopo Fontanelli



Doveva essere una partita facile. Lo si prevedeva fin dal sorteggio: i detentori della coppa, gli uomini del triplete, contro una squadra che naviga nella medio bassa classifica di un campionato pronto a superarci come quello tedesco.

La conferma dopo nemmeno un minuto: passano trenta secondi e Stankovic tira fuori dal cilindro un gol da cineteca colpendo a freddo i tedeschi con un gol da 50 metri. Tutto facile, finirà in goleada. E invece no. La Shalke gioca bene, è la partita che vale una stagione per i ragazzi di Rangnick, di quelle partite che forse non giocherai più nella vita. La reazione è immediata e dopo dieci minuti sono già due i tiri verso la porta di Julio Cesar. Al minuto '17 Matip pareggia i conti su un calcio d'angolo confuso che la difesa neroazzurra non riesce a gestire.

Poco dopo la squadra di casa si salva grazie ad un miracolo del suo numero uno su un contropiede concluso perfettamente da Jurado. Pericolo scampato e 2-1 che arriva immediatamente dopo grazie al solito Milito che sembra aver ritrovato in Europa quella vena realizzativa che quest'anno aveva perso in campionato. Quando l'Inter sembra in pieno controllo del match, un buco clamoroso di Chivu ( e non sarà l'unico) permette ad Edu di pareggiare i conti. Si va all'intervallo sul punteggio di 2-2.

Poco prima del fischio d'inizio Eto'o si prende la squadra sulle spalle chiamandola a rapporto e cercando di caricarla: il discorso sembra dare i suoi frutti. In due minuti prima Milito solo davanti a Neuer, e poi lo stesso Eto'o hanno la palla del 3-2. Niente da fare, palla fuori nel primo caso e miracolo del portiere nel secondo. Qui l'Inter si scioglie. Prende gol del sempiterno Raul, record di gol per lui in Europa (sono 71, ha superato Inzaghi) e dopo due minuti Ranocchia devia nella propria porta un cross sul quale Julio Cesar sembrava poter arrivare.

Al '18 della ripresa la partita finisce. Chivu rimedia la seconda espulsione in due partite in quello che da tre anni dichiara essere il suo ruolo preferito, centrale e non terzino. Se avesse giocato sempre in quella posizione forse si sarebbe scritta una storia completamente diversa. Per fortuna prima Mancini, poi Mourinho e per finire Leonardo lo vedono più affidabile sulla fascia. E' solo il camerunese a cercare di scuotere e spronare i suoi con qualche serpentina che però non rimette in partita né la squadra né il suo pubblico che comincia ad abbandonare lo stadio.

C'è tempo al '75 per il gol del 2-5 ancora di Edu, e per un palo di Jurado. L'inter esce tra gli applausi e i cori di un pubblico che a prescindere dalle ultime due partite si è dimostrato orgoglioso e grato a questi campioni capaci di vincere quasi tutto quello che c'era da vincere.

martedì 22 marzo 2011

La storia infinita di un giocatore diventato leggenda


di Jacopo Fontanelli


E' il 1993, l'anno in cui Clinton diventa presidente degli Stati Uniti, l'anno in cui si scioglie la Democrazia Cristiana, Laura Pausini canta la sua Solitudine e Roberto Baggio vince il quarto pallone d'oro della storia italiana. E' anche l'anno in cui in un pomeriggio come tanti di una partita come tante, fa il suo esordio in serie A, un bambino sedicenne come tanti. No, quel giorno, in campo, non è entrato un ragazzo come tanti, è entrato un giocatore che ha scritto la storia del calcio nella sua Roma.

E' Boskov, si dice su consiglio di Mihaijlovic, che l'ha fatto esordire, anche se sarà nella Roma di Carlo Mazzone che troverà molto più spazio e anche i primi gol con quella maglia che sarà anche la sua unica, in una carriera che nessuno vorrebbe finisse mai. Una carriera che ha rischiato di essere diversa se il Presidente Sensi avesse dato ascolto fino in fondo ad un allenatore venuto dall'Argentina che non lo riteneva all'altezza di una squadra che in quegli anni navigava a metà classifica, e che l'avrebbe venduto alla Sampdoria. Ma si sa, le grandi storie d'amore superano ogni ostacolo e rinascono più forti di prima. L'anno dopo, con Zeman, Totti diventerà il Capitano. Con la fascia arriva il posto da titolare e la prima convocazione in Nazionale, oltre ad una quantità di gol di cui già si comincia a perdere il conto.

La consacrazione arriva con Capello, a cavallo del 2000; capitano nel terzo scudetto della storia giallorossa, protagonista indiscusso all'Europeo con l'Italia che trascina in finale a suon di assist e di giocate indimenticabili come il rigore col cucchiaio fatto a Van der Sar nella semifinale; la prima Supercoppa e una serie infinita di riconoscimenti e premi. Dopo aver sfiorato la retrocessione nell'anno che anticipa Calciopoli, lui e la sua Roma acquisteranno una dimensione europea ben definita, arrivando per due anni consecutivi ai quarti di Champions League, eliminando prima il Lione, e poi addirittura il Real Madrid.

Dei suoi gol continua ad essere difficile tenere il conto perchè distratti dalla loro superba bellezza. Con l'avanzare degli anni, arrivano anche le prime critiche; critiche che arrivano non solo da fuori ma anche da una parte degli stessi tifosi che per quasi 15 anni lo hanno idolatrato. “E' finito”, “e' vecchio”, “giochiamo in dieci”, si sente dire, ma lui non rinfaccia quello che ha fatto, non ricorda i sogni e le gioie che ha regalato con ogni suo pallonetto o colpo di tacco. Va in panchina quando deve, ed entra a tre minuti dalla fine quando lo chiamano in causa con non troppo rispetto. Raramente ha fatto una polemica, ma ha sempre permesso al campo di parlare per lui, facendo quello che sa fare meglio. Certo nella sua carriera ci sono state anche immagini brutte ed episodi che lui per primo avrebbe voluto cancellare; ma il suo gol a Milano contro l'Inter dopo trenta metri di campo e un pallonetto meraviglioso cancella lo sputo a Poulsen; lo stop e gol a udine su lancio da cinquanta metri cancellano il calcio a Balotelli, i tiri al volo contro Sampdoria e Udinese fanno dimenticare del pugno a Colonnese, tutto questo unito ad una quantità di lanci, assist e giocate che hanno fatto stropicciare gli occhi anche ai tifosi avversari.

La pecca della Roma è stata quella forse di non aver mai costruito una squadra all'altezza del suo giocatore simbolo, l'ha detto Platini, e l'hanno pensato negli anni i milioni di tifosi giallorossi. Forse si può pensare che questa storia tra una città e il suo capitano possa essere stata una storia incompleta, ma forse, allo stesso modo, si può pensare che sia proprio l'incompletezza delle cose a renderle così indimenticabili.
Nel calcio senza sentimenti dei trasferimenti miliardari, dove i soldi sono l'unica cosa che conta, c'è ancora posto per qualche pagina di romanticismo, e sono pochi i giocatori che sono stati fedeli ad una sola maglia per tutta la loro carriera, e sono pochi quelli che l'hanno fatto come Francesco Totti.

mercoledì 2 febbraio 2011

Alle solite


Come al solito un pareggio che non serve a nesuno.
Non serve alla Roma in chiave scudetto, non servirà probabilmente al Brescia in chiave salvezza.
Sembra una storia già vista, scheggie e lampi dal buio passato.
Non serve neanche fare grandi sforzi di memoria per tornare ad episodi come Roma Livorno di qualche anno fa, all'epoca fu Diamanti a metterci lo zampino ( e la palla sotto il sette proprio sotto la curva sud).
Quattro attaccanti per cercare di avere ragione di un Brescia modesto e che cercava un pareggio per ripartire.
Quattro funamboli, ma in situazioni normali non ce ne sarebbe stato bisogno per vincere una partita di questo tipo.
Se i campioni non mancano, qualcosa che non va sicuramente c'è.
Il Napoli perde in casa a sorpresa contro un chievo che ringrazia, Milan e Lazio pareggiano e la Roma come al solito non ne approfitta.
Cosa c'è che non va?
Il gioco dico io. Giocatori troppo distanti tra loro, meno movimento senza palla di quello che occorrerebbe, partenze col freno a mano tirato, nel primo tempo in particolare.
Ma se l'obbiettivo è il campionato, deve cambiare tutto questo e anche di più.
La mentalità vincente non vuol dire trotterellare per un tempo, sicuri della propria forza e qualità, non vuol dire essere sufficenti perchè l'avversario è modesto, non vuol dire permettere a chi viene all'Olimpico un atteggiamento irriverente e provocatorio.
Una grande squadra avrebbe fatto un sol boccone di questo Brescia, mettendo il risultato al sicuro nel primo tempo per poi gestire fino alla fine della partita.
Quando vedrò questo sarò soddisfatto, e sperando che tutto cambi subito e bene mi permetto di fare un appello; un anno cosi favorevole non ricapiterà facilmente, SVEGLIA RAGAZZI!!!